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26 April 2024

Il muro che deve cadere

corleone-aperteIeri, 25 luglio, la Camera dei deputati ha iniziato la discussione delle proposte di legalizzazione della canapa. È facile prevedere che l’approvazione della legge non sia dietro l’angolo non solo per l’ostruzionismo di alcuni gruppi parlamentari, ma per la necessità di smontare pregiudizi e falsità costruiti nei decenni e che hanno consolidato un senso comune sul divieto per legge del consumo di tutte le sostanze stupefacenti senza distinzione. Il fatto che la discussione sia approdata in Parlamento dopo decenni di polemiche è un fatto storico. Cade infatti il tabù del proibizionismo che nacque negli anni trenta negli Stati Uniti proprio sulla demonizzazione della marijuana. Non era bastato il fallimento del divieto dell’alcol eliminato dal presidente Roosevelt per impedire che una nuova caccia alle streghe si imponesse con la repressione delle minoranze etniche. Un apparato propagandistico eccezionale fu messo in campo, mobilitando i mezzi di informazione e tanti pseudo scienziati per enfatizzare i danni dell’uso della canapa. La campagna non era fondata sui fatti, (nessuno è mai morto per uno spinello), ma sui miti e sulle falsificazioni moralistiche. Infatti si trattava di una lotta del Bene contro il Male. Il Italia l’acme fu raggiunto con l’approvazione della legge Iervolino-Vassalli nel 1990 fortemente voluta da Bettino Craxi e peggiorata nel 2006 con la legge Fini-Giovanardi che solo grazie a una decisione della Corte costituzionale nel 2014 è stata spazzata via. Le conseguenze in questi venticinque anni sono state drammatiche sulla giustizia e sul carcere. La macchina della punizione non ha ottenuto alcun effetto sui consumi e sulla loro riduzione, ma ha intasato i tribunali, ha riempito le carceri e ha arricchito il narcotraffico. I dati sono eloquenti. Nel 2015 gli ingressi in carcere per violazione dell’art. 73 che colpisce la detenzione di sostanze stupefacenti e in concreto consumatori e piccoli spacciatori sono stati pari al 27%, in diminuzione rispetto alle punte del 30% degli anni precedenti. Le presenze in carcere sono pari al 32% e in cifra assoluta sono pari a 16.712 persone su 52.164 detenuti. Se aggiungiamo i detenuti tossicodipendenti, colpevoli di reati di strada e non di spaccio, si conferma che la questione droga pesa per quasi il cinquanta per cento sull’affollamento carcerario. Le operazioni di polizia e le segnalazioni all’autorità giudiziaria si confermano per il cinquanta per cento relative ai cannabinoidi. Quindi nonostante la caduta della parte più repressiva e punitiva della legge Fini-Giovanardi che ha comportato una diminuzione del sovraffollamento carcerario per effetto della minore criminalizzazione della canapa, rimane un’incidenza enorme sul fenomeno. Questa è la ragione del documento inviato alla commissione Giustizia della Camera dal Procuratore nazionale Franco Roberti della Direzione Nazionale Antimafia a sostegno della proposta Giachetti e a favore della legalizzazione della coltivazione, della lavorazione e della vendita della cannabis. Questo parere mette in luce il peso del narcotraffico sull’economia e sulla democrazia visto il fallimento della strategia repressiva e soprattutto contesta l’accanimento contro il consumo di sostanze meno dannose e che ha comportato un enorme dispendio di energie delle forze dell’ordine e dei giudici per un risultato impossibile. Chi sostiene che la canapa fa male e quindi va proibita, non si preoccupa della nocività della sostanza del mercato nero e delle conseguenza della stigmatizzazione dei giovani sulla loro vita. Dal 1990 alla 2015 sono stati segnalati alle prefetture per mero consumo 1.107.051 persone e di questo ben 800.000 pari a oltre il 72% per cannabis e sottoposte a sanzioni amministrative odiose. L’altra novità che si è imposta rispetto alla menzogna dei danni della canapa è l’affermarsi dell’uso terapeutico della marijuana. La legalizzazione non farà aumentare i consumi, ma li renderà più sicuri e fornirà risorse attraverso la tassazione per azioni educative e di informazione. La war on drugs è finita. Occorre costruire una politica intelligente.

(Franco Corleone da La Nuova Ferrara del 26 luglio 2016)

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