«Legalizzare la marijuana? Si può»
Franco Corleone: il proibizionismo ha fallito, ma serviranno regole precise per tutelare i minorenni e colpire i trafficanti
Articolo di Natalia Andreani per i Quotidiani locali gruppo Agl
ROMA Il dibattito lo ha risvegliato lo scrittore Roberto Saviano, ricordando che la droga è l’ossigeno delle mafie. Poi anche il professor Umberto Veronesi, illustre oncologo ed autorevole esponente della comunità scientifica, ha sposato l’appello lanciato dall’autore di “Gomorra” per la legalizzazione delle droghe leggere. «Un orizzonte possibile anche in Italia e al quale molti paesi stanno guardando, ora che le stesse Nazioni unite hanno dichiarato il clamoroso fallimento delle politiche proibizioniste. Chiaramente serve un sistema di regole precise, perché anche se parliamo di cannabis si tratta pur sempre di sostanze stupefacenti», mette in chiaro Franco Corleone, ex segretario alla giustizia ed oggi tra i massimi esperti internazionali sul fronte caldo di droga e carceri. Che tipo di regole? «Ad esempio si possono porre dei limiti alle quantità acquistabili mensilmente, si può vietare la pubblicità, si può impedire la vendita ai minori di 16 anni, si possono prevedere pene severe per chi dovesse cedere droga ai minorenni. Si può pensare all’istituzione di un registro e di una tessera attraverso la quale controllare il consumo. Insomma legalizzare non vuol dire vendere la canapa al supermarket, ma riportare nel circuito legale un fenomeno culturale che oggi è invece criminalizzato e in mano alle mafie». Il fronte proibizionista italiano però non mostra cedimenti. «Allora parliamo di cifre. Dal 1990 ad oggi gli italiani che si sono beccati una sanzione amministrativa per possesso di canapa (in quantità modeste) sono stati più di 800mila. Un altro milione quelli che invece sono addirittura finiti in carcere. Qui parliamo di un fenomeno culturale che riguarda tantissimi giovani, e non solo, e che non può essere affrontato con questi strumenti». Tutta colpa della Fini-Giovanardi? «Quella legge è stata la nostra catastrofe perché ha equiparato droghe leggere e pesanti, spaccio e detenzione, provocando un intasamento dei tribunali e il collasso delle carceri che è sotto gli occhi di tutti. Il risultato è stata la più grande criminalizzazione di massa della storia recente». Addirittura di massa? «Di massa, sì. Basta guardare i dati relativi alle segnalazioni ai prefetti. Il 74 per cento dei cittadini si è ritrovato nei guai per uso di cannabis». Ci dia qualche altro dato? «Il 33 per cento dei detenuti è dentro per violazione della legge sulle droghe. Se a questi uniamo gli arrestati per reati collegati – ad esempio scippi e furti – arriviamo al 50 per cento della popolazione carceraria. E il 40 per cento di questa metà è in galera per cannabis, per colpa di una maledetta legge». Chi rifiuta la legalizzazione replica che la droga è droga e basta, senza distinzioni. «Ma questa è una tesi oscurantista che non ha alcun presupposto scientifico, come è stato ampiamente dimostrato. Una tesi grazie alla quale l’Italia è rimasta fanalino di coda; anche, ma non solo, nel dibattito sulle strategie da adottare dopo il fallimento della guerra globale alla droga». La relazione che il Dipartimento antidroga presenta a giugno, intanto, quest’anno tarda ad arrivare. «Per mille ragioni l’esecutivo sembra averla bloccata. Noi aspettiamo di vedere i dati. Dai davanti ai quali, forse, c’è qualche imbarazzo».