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Istituzione violata

Franco Corleone su il Foglio, 27 febbraio 2002

Signor direttore

La tormentata vicenda delle nomine Rai ha oscurato una questione di assoluta delicatezza e di primario valore istituzionale. Mi riferisco alla mancata elezione da parte del Parlamento di ben due giudici costituzionali, fatto che si protrae da oltre un anno e che ha recentemente provocato la censura da parte del presidente della stessa Corte costituzionale, che si trova ad operare priva di una sua piena composizione e proprio in una fase in cui la Consulta è chiamata a giudicare in merito alla legittimità costituzionale di leggi o atti aventi forza di legge di particolare rilievo e addirittura ad affrontare conflitti di attribuzione di poteri fra Stato e Regioni in relazione all’applicazione delle norme sul federalismo. Non è la prima volta che la Corte costituzionale sia stata costretta a operare in assenza del proprio plenum. Sono stati ripetuti i casi in cui una simile situazione si è verificata, dal 1972 ad oggi. Anche per l’elezione dei membri laici del Consiglio superiore della magistratura spesso ha prevalso la logica dei veti e della lottizzazione partitica rispetto a criteri innovativi di designazione. Proprio perché non esiste alcun meccanismo istituzionale che possa costringere gli organi cui spetta l’elezione o la nomina a rispettare il termine previsto di effettuare la sostituzione entro un mese, mi illusi di offrire una soluzione presentando una proposta di legge costituzionale (la n. 167 del 9 maggio 1996), sanando una lacuna che ha creato e potrebbe ancora creare gravi inconvenienti nel funzionamento della Corte, cercando un efficace rimedio. Sono state scartate alcune soluzioni apparentemente semplici, come il ripristino dell’ammissibilità della prorogatio che addirittura potrebbe creare un alibi alla intempestività del Parlamento, e un ridimensionamento delle maggioranze qualificate previste per l’elezione dei giudici da parte del Parlamento in seduta comune, che costituirebbe un errore perché tali elevati quorum servono a garantire il carattere super partes dell’organo di controllo costituzionale, il quale deve essere svincolato dall’indirizzo della maggioranza governativa. Infatti i membri della Corte costituzionale devono continuare ad essere sorretti da un consenso tale che prescinda da specifiche valutazioni e interessi di natura politica contingente e si fondi, invece, soprattutto sulla loro professionalità, competenza e sicura lealtà nei confronti dei fondamentali principi costituzionali. Due mesi di tempo, poi la Corte fa da sé La proposta ha quindi individuato una sorta di “sanzione costituzionale” all’inottemperanza dei termini stabiliti da parte degli organi che devono procedere alla sostituzione dei giudici costituzionali cessati per qualsiasi causa. Ove questi non vengano rinnovati entro il termine (che così diventa perentorio) di due mesi, la competenza per la nomina dei nuovi giudici passa alla stessa Corte costituzionale, quale organo di chiusura e di massima garanzia dell’ordinamento, sovraordinato – nella logica del sistema – allo stesso presidente della Repubblica, passibile di essere sottoposto al giudizio penale della Corte nelle ipotesi previste dall’articolo 90 della Costituzione. Il potere di cooptazione attribuito alla Corte si configura indubbiamente come eccezionale, ma la soluzione proposta funzionerebbe come efficace deterrente. Le Camere riunite con ogni probabilità riuscirebbero a trovare l’accordo necessario nell’elezione dei giudici di loro spettanza e, in ogni caso, provvederebbero a organizzare i propri lavori in maniera più congrua e tempestiva all’assolvimento di tale compito. La preoccupazione di incorrere in clamorose dimostrazioni di inefficienza e di scarsa rappresentatività nei confronti del paese, sanzionate con una perdita di potere, sarebbe – c’è da augurarselo – per una volta determinante.

Franco Corleone

P. S. Non vorrei apparire una sorta di grillo parlante appartenente all’insopportabile genia dell’avevo detto; preferisco ascrivere questo atto nel lungo elenco che potrei, se ne avessi la possibilità, illustrare delle tante (troppe) occasioni mancate dall’Ulivo nei cinque anni di governo, per cambiare con razionalità e rigore, senza eccessi, molte questioni istituzionali e di libertà. Diverse da quelle lamentate al Palavobis. Istituzioni violate Quando il Parlamento traccheggia, la Consulta nomini lei i suoi giudici Una proposta di legge di Corleone