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L'inaugurazione dell'anno giudiziario 2001
pubblicato sabato 13 gennaio sui quotidiani: Il Piccolo di Trieste, Libertà di Piacenza, il Messaggero Veneto

Il tema della giustizia è oggetto frequente di scontro politico e di polemica. Il primo dato su cui riflettere è la situazione di gravissima crisi in cui si trovava la giustizia italiana quando, cinque anni fa, la coalizione dell'Ulivo ha assunto la responsabilità del governo del paese.
Una crisi di efficienza per i lunghissimi tempi di risposta alle istanze di giustizia dei cittadini e per le innumerevoli disfunzioni dell'apparato giudiziario, ma anche una crisi di credibilità del sistema nel suo complesso. Il livello di fiducia dei cittadini nei confronti dell'apparato giudiziario resta purtroppo drammaticamente basso, come peraltro conferma anche un recentissimo rapporto del Censis. Le ragioni di questa crisi di credibilità e di consenso sono molteplici e complesse, ma un ruolo determinante lo gioca l'inefficienza.
Il merito del Governo e del Parlamento è stato quello di tentare di aggredire sin dall'inizio e contemporaneamente le ragioni della crisi. Non ci si può illudere di aver, come per magia, risolto ogni problema. Ma quello che non è discutibile è che mai nella storia della nostra repubblica si era registrata una azione riformatrice così ampia e articolata nel settore giustizia, con il concorso e il consenso di tutte le forze politiche. A dispetto delle quotidiane polemiche sulla giustizia, tutti i provvedimenti adottati nella legislatura sono stati infatti approvati con il voto favorevole, o con l'astensione, delle opposizioni.
Il primo obiettivo è stato quello di porre le basi per un recupero di efficienza del sistema. In questa direzione si muovevano i provvedimenti sul giudice unico, sulle sezioni stralcio, la depenalizzazione dei reati minori, la competenza penale del giudice di pace, la riforma dell'udienza preliminare e del giudizio abbreviato, tutti approvati definitivamente.
L'introduzione del Giudice unico deve essere valutata senza trionfalismi o catastrofismi. I risultati ottenuti al Tribunale di Trieste, forniscono però lo spunto per una valutazione positiva in termini di più razionale organizzazione e di accresciuta capacità di risposta.
Una riduzione delle pendenze civili in tutti i settori nel periodo dal giugno 1999 al giugno 2000; una riduzione del 27,3% delle pendenze dell'ufficio GIP (da 2.900 a 2.114); un incremento del 50% delle udienze mensili del settore monocratico (da 16 a 24 udienze mensili). Risultati lusinghieri che devono essere la premessa per un ulteriore passo in avanti nell'anno a venire.
Nel tracciare questo bilancio rimane il rammarico per come sia difficile la situazione del nostro sistema carcerario, che continua a restare un luogo di sofferenza e di emarginazione, dimenticato e rimosso. Se ne parla con accenti partecipati, commossi o indignati in occasione di eventi drammatici come i fatti di Sassari o i suicidi di detenuti o di agenti ovvero in occasione di evasioni o di delitti commessi da persone ammesse a benefici. Ma poi si torna a dimenticare.
Le ricorrenti polemiche sui temi della sicurezza, con una ingiustificata enfatizzazione della paura nei confronti della immigrazione; e il continuo prevalere di un approccio ideologico sul tema delle droghe impediscono di prendere atto del fatto che la stragrande maggioranza delle persone ristrette sono soggetti deboli ed emarginati, per i quali il carcere è inutile quando non è dannoso e rappresenta un costo, in termini sociali ma anche in termini economici, assolutamente intollerabile.
Anche per questa ragione è necessario che il Parlamento affronti al più presto il provvedimento impropriamente definito "indultino", cercando di dare finalmente una risposta alle tante e autorevoli sollecitazioni che sono arrivate nel corso dello scorso anno per un atto ragionevole di clemenza verso la popolazione detenuta.