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UNA RIFORMA
GROTTESCA
di FRANCO CORLEONE
dal Messaggero Veneto del 23 agosto 2001


La lettura dei forum del Messaggero Veneto con il presidente della Provincia di Udine, Strassoldo, e con il presidente della Regione, Tondo, consente alcune riflessioni sullo stato della politica e sui rapporti tra i diversi livelli istituzionali e tra le forze politiche.
Per tentare di individuare l’asse di ragionamento, occorre preliminarmente sgombrare il terreno dal profluvio di buone intenzioni e di progetti più o meno faraonici.
Emergono così profonde contraddizioni tra i maggiori esponenti di un’identica maggioranza.
Svelare questo stato di cose è certo compito di chi si colloca all’opposizione, ma è di sicuro interesse per i cittadini e deve essere oggetto di attenta valutazione da parte di chi rappresenta la società civile e di chi esprime l’opinione pubblica.
Il modo sbrigativo e sarcastico con cui il presidente Tondo liquida la proposta di Strassoldo di un’assemblea delle province costituisce davvero un fatto politico non trascurabile. Così i differenti accenti sulla provincia della Carnia e sui trasferimenti dei poteri accentuano dati di divergenza che la sola logica dei numeri e del potere non riesce a nascondere.
Il punto discriminante per tutti e ineludibile è rappresentato da quale sia l’idea di Regione della Casa delle libertà.
A me pare che si confrontino ipotesi diverse, non esplicitate e in ogni caso incapaci di dare vigore e forza a una regione che ha visto ridotta la specificità a centralismo burocratico, la diversità anche linguistica a conflitto di potentati provinciali, la condizione geografica così caratteristica a chiusura egoistica.
Per questo ritengo che la discussione sulla legge elettorale costituisca un poderoso alibi per nascondere la pochezza di progettazione del ruolo della Regione Friuli-Venezia Giulia alla vigilia dell’allargamento dell’Unione europea e, cosa ancora più censurabile, per garantire a un blocco di potere sempre più storico, l’esercizio della forza bruta con l’eliminazione delle minoranze critiche.
La proposta di legge, se fosse solo un papocchio falsamente ispirato al modello tedesco e al cui confronto il vituperato mattarellum è un modello di chiarezza, potrebbe essere iscritta nel perimetro della categoria del comico (basti dire che un sistema che mette insieme premio di maggioranza e sbarramento fa il paio con chi si tiene i pantaloni contemporaneamente con cintura e bretelle).
Ma ribadisco che la ragione di fondo di questa pensata grottesca è tragicamente più riprovevole: ha l’obiettivo di evitare di fare chiarezza politica nel proprio schieramento e di sottrarsi al confronto con progetti alternativi.
L’elezione diretta del presidente viene respinta soltanto perché la logica dominante scatenerebbe la contrapposizione fra Trieste e Udine, la possibile alleanza oggi con Pordenone e domani con Tolmezzo e amenità del genere.
È evidente che un ceto politico che continua a percepire le differenze presenti nella propria regione non come il volano per crescere con la nuova Europa, ma in termini arcaici e in gretti particolarismi non è in grado di essere la classe dirigente capace di individuare il ruolo del Friuli-Venezia Giulia in un rapporto di integrazione con la Slovenia, l’Austria e l’Ungheria.
Per queste ragioni ritengo che si debba respingere una discussione sulla legge elettorale che nella migliore delle ipotesi rappresenta una facile scorciatoia rispetto ai nodi istituzionali; tanto più che non vi è alcuna necessità e urgenza dal momento che il punto di caduta esiste ed è la legge dell’onorevole Tatarella che anche Alleanza nazionale improvvidamente intende cestinare proprio qui.
L’obiettivo da respingere con assoluta determinazione è una Regione debole nei confronti delle altre Regioni italiane e incapace di dialogare con le Regioni dei vicini paesi europei.
Eppure qualche motivo di interesse l’ho colto nelle parole di Renzo Tondo quando afferma di accettare la sfida ambiziosa del governo rispetto alla mediocrità della sopravvivenza e alla pratica quotidiana dei compromessi e dell’ordinaria amministrazione.
Verificheremo presto la traduzione in atti concreti delle dichiarazioni impegnative sulla sanità, sulle Autovie, sugli enti intermedi a partire dalla soppressione delle Comunità montane solo per citare alcuni punti significativi.
Sul punto della Provincia della Carnia, proprio perché condivido molte delle osservazioni espresse da Tondo, insisto su un dato, cioè che una provincia della montagna può avere un senso se nasce non sulla spinta della retorica localistica e persecutoria, ma se si inserisce su un modello di apertura transfrontaliera, lanciando ponti e abbattendo muri, rifiutando cioè la logica di chiusura dei valori della piccola patria. Una provincia così intesa si inserisce nel dibattito sull’identità della Regione e proprio per questo non potrebbe limitarsi a uno status di serie B, quale è rappresentato dalla provincia regionale: una regione a pieno titolo è oltretutto inevitabile per la non banale ragione che una provincia di confine non può non vedere la presenza del prefetto e del questore per evidenti motivi, basti pensare alle questioni dell’immigrazione e del contrabbando.
In ogni caso, per far vivere la Carnia e le altre zone di montagna occorre identificare alcuni indicatori che devono caratterizzare gli indirizzi politici, culturali e programmatici: come si rovescia il trend della diminuzione della popolazione? Serve l’indicazione di Tondo sul recupero degli emigrati e per quale obiettivo tra dieci anni? E soprattutto, quale economia, quale agricoltura, quale turismo, quale politica ambientale, quale sviluppo sostenibile ed ecocompatibile? Come si vede, c’è tanta materia su cui discutere. Il Friuli può costituire un laboratorio di sperimentazione della buona politica senza paura del futuro.