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Il paradosso del giusto
Un uomo di governo che protesta con il digiuno: che cosa significa?

Il Foglio di Giovedì 18 gennaio 2001

Il pregiudizio popolare antico vuole che chi sta al governo mangi, anche troppo. Un altro pregiudizio popolare dice che chi comanda può. Franco Corleone invece digiuna da cinque giorni e lo fa perché, da sottosegretario alla Giustizia, si sente impotente a offrire, persino con l'aiuto del Papa, una ragionevole soluzione al dramma del sovraffollamento delle prigioni. Corleone è una persona un po' speciale. Radicale, antiproibizionista, verde, ulivista convinto ma senza intolleranze e fanatismi, senza conoscere nemmeno il sapore dell'arroganza e lo stile del potere esclusivo e lontano; per un tipo così, tenace nelle sue campagne civili ma servitore dello Stato nei dettagli del lavoro quotidiano, la sconfitta nella battaglia per l'indultino, il microscopico aiuto al mondo delle carceri invocato con parole di clemenza giubilare dal Vaticano e auspicato laicamente dai funzionari pubblici che sovrintendono alle case di pena, è diventato un dramma anche personale.
Il paradosso del giusto è per l'appunto in questo, che il sottosegretario non riesce a rassegnarsi alla logica tipica del suo mestiere o della sua funzione: la ricerca di un compromesso può sempre fallire, le buone intenzioni di una vasta maggioranza di ministri o di parlamentari, di governo e di opposizione, possono infrangersi contro i veti demagogici, le inerzie, le furberie della eterna danza del consenso al cospetto dell'opinione pubblica o di chi pretende di rappresentarla. Quando sono in gioco interessi magari importanti ma non vitali, che non segnano e distinguono in modo irrefutabile il grado di civiltà o di barbarie raggiunto da un sistema istituzionale o da un paese, quel compromesso è accettabile; ma oltre una certa soglia la rivolta contro l'impotenza si interiorizza, e il viceministro diventa un guru viaggiante, uno che raccoglie la solidarietà della burocrazia carceraria, uno che fa il suo lavoro di ogni giorno, disbriga le pratiche e gli affari correnti nel vuoto legislativo che gli si spalanca davanti, ma usa il suo corpo e la sua salute per un'obiezione radicale, assoluta. Sul tramonto della clemenza, sulla grottesca rincorsa sécuritaire ingaggiata dalle forze politiche di centro destra e di centro sinistra, abbiamo da tempo la nostra opinione, che è di netta censura e di scandalo. Che anche un uomo di governo, e di carattere, si sia sentito in dovere di fare qualcosa di tanto paradossale come un digiuno di protesta, è un altro segno dell'impotenza della funzione elettiva e, peggio ancora, della morte della pietà repubblicana.